Correzione Dell’ Alluce Valgo: tecnica utilizzabile per il 60-70 % degli alluci valghi
Questa tecnica si inserisce nell’ambito delle pratiche chirurgiche mininvasive. In realtà la possibilità di diminuire al massimo l’esposizione dei tessuti molli e ossei con minimo danno chirurgico, come avveniva in un intervento tradizionale a cielo aperto, offre la possibilità di garantire al paziente un minor rischio di infezioni postoperatorie, meno dolore, un decorso postoperatorio più veloce ed un risultato estetico finale più gradevole ed efficace.
La tecnica mininvasiva di chirurgia dell’avampiede appare negli Stati Uniti intorno agli anni 70.
Attualmente questa tecnica è utilizzabile per un buon 60-70 % degli alluci valghi, cioè quelli con una deviazione angolare della prima articolazione metatarso-falangea fino a 30 gradi e con un angolo intermetatarsale non superiore a 15-16 gradi.
E’ grazie al dr Del Prado, chirurgo ortopedico spagnolo, che questa tecnica sbarca in Europa e inizia un suo riconoscimento scientifico, ponendosi come obbiettivi gli stessi della chirurgia a cielo aperto:
- Riduzione del volume dell’esostosi (volgarmente detta “patata”)
- Riorientamento della superfice articolare del primo metatarso (osteotomia di Boch o Reverdin Isham )
- Artrolisi laterale della metatarso falangea (a livello dei tessuti molli)
- Riorientamento della prima falange grazie ad una ostoeotomia di variazzazione (osteotomia di Akin )
Per questo tipo di intervento necessitano alcuni mezzi specifici:
- Uno strumentario per microchirurgia con microfrese dedicate
- Un amplificatore di brillanza (visualizza su schermo le radiografie fatte durante l’intervento)
- Un piccolo trapano motorizzato
Va ricordato che con questa tecnica non si utilizza nessun mezzo di sintesi, ne temporaneo ne permanente, come fili metallici, cambre, viti, etc.

L’amplificatore di brillanza, come per altri tipi di intervento, è necessario perché questa metodica si svolge completamente a cielo chiuso.
Il motorizzato, tipo odontoiatrico con frese tipo Lindemann, è utilizzato per le osteotomie e la resezione dell’esostosi con manipolo orizzontale (asse di rotazione parallelo a quello del motore) ed improntato a velocità relativamente bassa con massimo 10,000 giri al minuto per evitare problemi di osteonecrosi.

L’anestesia è locale o loco-regionale, e l’intervento viene eseguito in regime ambulatoriale o di Day Surgery con eventuale pernottamento in Ospedale.
Il primo puntiforme accesso è infero-mediale alla testa del primo metatarso ove si procede alla fresatura dell’esostosi che viene frammentata e drenata attraverso l’accesso come pappa ossea mischiata a residui di tessuti molli.
Dallo stesso accesso si procede quindi alla osteotomia del collo del primo metatarso con angolazione obliqua di 45° da distale dorsale a plantare prossimale rispettando la corticale laterale (Reverdin-Isham) e quindi realizzando una correzione tipo cuneo di sottrazione laterale, oppure intaccando la corticale laterale (Boch) che seguita da una pressione esterna sulla testa del metatarso decapitata ne favorisca la traslazione correttiva laterale.
Con un secondo accesso puntiforme laterale dorsale in prossimità dell’articolazione metatarso falangea si procede all’artrolisi con tenotomia del tendine dell’adduttore sempre per via percutanea.
Con il terzo accesso puntiforme mediale, posizionato alla base della prima falange si esegue l’osteotomia basale della stessa (Akin) per ribadire il gesto correttivo; la completa assenza di mezzi di sintesi per questo tipo di metodica fa sì che il bendaggio post-operatorio sia di importanza capitale e debba essere praticato dallo stesso chirurgo.
Il primo dito viene immobilizzato con un particolare bendaggio che dovrà essere mantenuto per 4 settimane rinnovandolo settimanalmente.
Il paziente potrà iniziare a caricare anche subito utilizzando una calzatura ortopedica a suola rigida per 3-4 settimane.
Con la stessa metodica si correggono anche problemi di alluce rigido, metatarsalgie e/o dita a martello, dita sovraddotte, etc., praticando 1 o 2 mini accessi in corrispondenza di ciascun dito da correggere.
Si ricorda che questa tecnica non trova indicazioni nelle deformità del piede molto gravi con grave sovvertimento di quella che è la normale anatomia del piede: in questi casi occorre utilizzare accessi chirurgici più ampi per avere un’esposizione efficace facendo ricorso anche a mezzi di sintesi provvisori o permanenti; sarà un’accurata visita preoperatoria corredata dalle immagini radiografiche a definire la fattibilità di una tecnica rispetto all’altra.
Una volta corretto chirurgicamente l’alluce valgo e ripresa la normale deambulazione, diventa fondamentale verificare l’appoggio del piede: va innanzitutto detto che non esiste intervento chirurgico che possa evitare una potenziale recidiva del valgismo, soprattutto se fatto in giovane età.
Questo perché l’intervento non può modificare l’assetto globale del piede, per cui se a monte ci sono alterazioni dell’appoggio legate all’anatomia e alla biomeccanica del piede che col tempo hanno determinato la comparsa della deformità, risulta importante cercare di eliminare o limitare tali alterazioni: ecco che diventa importante uno studio baropodometrico e l’utilizzo di un plantare personalizzato per mettere in condizioni il piede di lavorare in maniera adeguata e salvaguardare così il più a lungo possibile i risultati ottenuti con la chirurgia; cosi facendo, anche se si non eliminerà del tutto la possibilità di una recidiva a medio/lungo termine, di fatto se ne diminuisce in maniera significativa la probabilità.
Dr. NICOLA BACCI Specialista in Ortopedia e Traumatologia – UOC Ortopedia e Traumatologia Universitaria Policlinico S. Maria alle Scotte – Siena – Per appuntamenti: tel 347/8056630